A Empoli parte il progetto P.E.S.T.O.: l’esercizio fisico come alleato nella lotta al tumore del colon

Al San Giuseppe parte un percorso strutturato, basato su evidenze scientifiche, per aiutare i pazienti a vivere meglio dopo il tumore al colon


L’attività fisica può davvero fare la differenza, ancora di più per chi ha affrontato un intervento chirurgico dopo la diagnosi di tumore al colon retto. All’ospedale San Giuseppe questa idea ha preso forma lo scorso novembre quando, in Oncologia, è stato avviato il progetto pilota sull’esercizio fisico strutturato nel tumore del colon-retto operato (p.e.s.t.o.) con un obiettivo chiaro: portare nella pratica quotidiana ciò che la ricerca internazionale sta dimostrando.

Il punto di partenza è uno studio pubblicato dagli specialisti dell’Università di Alberta in Canada sul New England Journal of Medicine il 3 luglio 2025. Un lavoro durato più di dieci anni, condotto in 55 centri e con 889 pazienti che avevano appena concluso la chemioterapia post intervento chirurgico. Lo studio ha confrontato un percorso strutturato che prevedeva un’attività fisica per tre anni con uno in cui è stato fatto solo un intervento iniziale di educazione sanitaria. Chi ha seguito il programma di attività fisica è vissuto più a lungo ed ha avuto meno recidive, senza un aumento di eventi avversi. I ricercatori hanno spiegato che il beneficio dipende dai cambiamenti biologici che il movimento è in grado di attivare nell’organismo.

Da queste evidenze è nato il progetto empolese coordinato dalla dottoressa Francesca Martella, direttrice della Oncologia medica di Empoli, e dedicato a donne e uomini operati per un tumore del colon e poi sottoposti a chemioterapia preventiva. Il Gruppo oncologico multidisciplinare dei tumori gastrointestinali (Gom), coordinato dalla chirurga Silvia D’Amico e dall’oncologo Claudio Marinozzi, è responsabile dell’identificazione, motivazione e follow up dei pazienti. Il progetto è complesso e articolato per rispondere alle esigenze anche dei soggetti più fragili e/o anziani. Infatti, sottolinea Cristina Moncini, direttrice della Medicina fisica e riabilitazione di Empoli, "abbiamo identificato una scala di valutazione delle comorbidità, come strumento da fornire agli oncologi e ai chirurghi per la corretta gestione dell’avvio del percorso. Con questo strumento saranno indirizzati a noi fisiatri i soggetti più complessi, per valutare la capacità di sostenere un programma di esercizio fisico che potrà così essere personalizzato su base clinico-funzionale". I fisioterapisti, coordinati da Barbara Nesi e Monica Fontanelli, responsabili dell'Attività di Riabilitazione funzionale della zona Empolese Valdarno Valdelsa, proporranno una valutazione motoria individuale attraverso la quale stilare un programma di attività rispettoso delle caratteristiche individuali di tutti i pazienti. Saranno sempre i fisioterapisti a seguire con rivalutazioni in presenza o in televista gli utenti: secondo tempistiche concordate e distribuite per ogni individuo in un arco temporale di 3 anni. Durante queste valutazioni i fisioterapisti avranno modo di verificare i progressi o i problemi emergenti, indirizzando eventualmente gli utenti a rivalutazione clinica. I controlli fisioterapici si intersecheranno con le visite di follow up oncologico, momenti nei quali i medici potranno valutare l’utente nel suo complesso.

"I dati internazionali ci indicano con chiarezza che, dopo la chemioterapia, l’esercizio può e deve diventare una parte concreta del trattamento dei pazienti sottoposti a chirurgia per tumore del colon. Il nostro compito è portare questa conoscenza nella realtà di tutti i giorni, costruendo proposte compatibili con la quotidianità e le condizioni di ognuno. Per questo motivo nasce il progetto p.e.s.t.o.", spiega la dottoressa Francesca Martella -. Abbiamo iniziato con un piccolo gruppo di utenti per meglio strutturare il nostro percorso e adeguare sia le schedule dei controlli e sia i materiali di supporto forniti. Puntiamo nei prossimi mesi a rendere accessibile il progetto a tutti i nostri pazienti operati per tumore del colon dopo il termine della chemioterapia".

Un impegno che assume ancora più valore se si guarda ai numeri: il tumore del colon retto è il secondo più frequente nella popolazione generale. Sopra i 50 anni è il secondo tumore nelle donne e il terzo negli uomini, mentre sotto i 50 anni rientra comunque tra i più diagnosticati. La prevalenza è in aumento, +33% negli uomini e +24% nelle donne, e in Italia si stima siano circa mezzo milione le persone che convivono con questa diagnosi.

Di fronte a questi dati, la prevenzione resta decisiva. Il tumore al colon retto è una malattia che spesso si sviluppa lentamente e gli screening rappresentano un passaggio fondamentale per scoprirla in tempo. "La diagnosi precoce, unita a percorsi terapeutici sempre più personalizzati, consente oggi di ottenere risultati importanti in termini di guarigione e sopravvivenza», sottolinea Massimo Calistri, direttore della Chirurgia generale di Empoli, «proprio per questo dispiace, quando a fine anno si continua a leggere anche in Toscana un’adesione solo del 44% allo screening gratuito proposto tra i 50 e i 69 anni a tutti i cittadini, rispetto ad un valore desiderabile del 65%". Su questo, Daniela Tramalloni, responsabile della struttura Screening dell’Azienda Toscana centro, precisa come "il dato di adesione dell’area empolese è stata nel 2024 la più alta di tutta la regione, raggiungendo il 54%, che pur non essendo in linea con il valore desiderato è superiore a quello accettabile".

"Il progetto avviato a Empoli si inserisce proprio in questa visione -, conclude la dottoressa Martella, - unendo cure consolidate e interventi non farmacologici basati su dati scientifici, accompagnando la persona nel lungo periodo e offrendo strumenti concreti per affrontare meglio il percorso di cura, in un’ottica lean fortemente multiprofessionale e multidisciplinare in continuità fra ospedale e territorio".

Fonte: Azienda USL Toscana Centro - Ufficio stampa

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