Caso Tuti, la figlia di uno dei poliziotti uccisi: "50 anni dopo ancora senza risposte"

Dalle carte del processo nuove domande, il giornalista Chiorazzo e l'ex ispettore Bollettino: "Ombre intorno all'ordine dato agli agenti. L'antiterrorismo era pronto a partire"


Il 24 gennaio 1975 il brigadiere Leonardo Falco e l'appuntato Giovanni Ceravolo furono uccisi durante un controllo di polizia a Empoli, vittime insieme all'appuntato Arturo Rocca che rimase ferito gravemente, del terrorismo nero. Arrivati in viale Giovanni Boccaccio all'abitazione di Mario Tuti, con un mandato di cattura, quello che era allora un geometra del Comune di Empoli e si rivelerà essere militante del gruppo neofascista Fronte Nazionale Rivoluzionario, aprì il fuoco. Quel giorno Empoli divenne una pagina della storia degli anni di piombo.

A cinquanta anni da quell'evento, ancora poco noto dai più, ci sono ombre e domande senza risposta che si intrecciano con la storia delle stragi in Italia: al centro c'è la figura di Mario Tuti, legato ad alcuni attentati terroristici dell'epoca, ci sono le ombre sul tipo di ordine che fu dato ai tre agenti quel giorno e la domanda del perché fossero intervenuti tre agenti di Empoli e non i reparti specializzati dell'antiterrorismo.

Domande, senza risposta, che sono risuonate per oltre 50 anni nella testa di Anna Falco, la figlia di Leonardo, che ha tentato di fare chiarezza su quanto avvenne quel pomeriggio chiedendo l'accesso agli atti del processo. Il giornalista Emilio Chiorazzo e l'ex ispettore Vito Bollettino, che entrò in servizio proprio nel Commissariato di Empoli pochi anni dopo quei fatti, su stimolo della figlia hanno visionato carte e documenti, scandagliato ricostruzioni e documenti d'archivio per fare luce su alcuni punti rimasti nell'ombra.

"Sono passati 50 anni, ma per me è come se fosse successo ieri, non ho avuto ancora risposte. Sapere cosa è accaduto davvero mi darebbe un po' di pace", spiega Falco secondo cui "quei tre agenti sono stati mandati li non sapendo cosa andassero a fare". Girano proprio intorno a questo punto le domande su quella sera. Negli anni, infatti, si è consolidata la ricostruzione che imputava di fatto la morte dei due agenti alla "leggerezza" con cui avrebbero agito quel giorno. Il punto, però, è capire se i tre agenti fossero stati informati della pericolosità di Mario Tuti.

"Mi fa molto male - spiega la Falco - che mio padre e i suoi colleghi siano passati come quelli che sono andati lì con leggerezza. Io non credo che loro sapessero con chi avevano a che fare, altrimenti non sarebbe andata così, non erano sprovveduti". Da quanto appreso dalle carte, sembra effettivamente che l'ordine non fosse così chiaro: i tre agenti sapevano di dover arrestare Tuti o solo di fare un controllo? E sapevano o no che Tuti era un terrorista neofascista?

Dalle carte emerge che la figura di Tuti fosse sotto osservazione da parte dell'antiterrorismo, che proprio quel giorno stava per inviare reparti speciali a prendere Tutti. Quell'ordine, però, non andò mai in porto, perché?

Intorno a queste domande girano le ricerche del piccolo gruppo di lavoro formatosi per fare luce su una zona d'ombra, una delle tante, degli anni di piombo.

Il 'caso Tuti': cosa non torna. Il racconto

A cura di Giovanni Mennillo e Margherita Cecchin

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