
L’educazione sessuo-affettiva a scuola non è, per Fratelli d’Italia Empoli, un terreno di scontro ideologico. È piuttosto il luogo in cui si misura una domanda fondamentale e antica: chi accompagna i nostri figli nella comprensione delle dimensioni più intime della vita? E soprattutto: con quali garanzie, quali limiti, quale chiarezza?
L’approvazione alla Camera del ddl Valditara prova a dare una risposta ordinata a questa domanda. Il testo introduce un principio semplice: quando si parla a studenti minorenni di sessualità, affettività, relazioni e identità, i genitori devono essere messi nella condizione di sapere, scegliere, autorizzare. Non con un sì formale, ma dopo aver visto contenuti, materiali, metodologie. Una scelta che riguarda le scuole medie e superiori, mentre per infanzia e primaria rimane la cornice già prevista dalle Indicazioni nazionali, senza attività specifiche sulla sessualità.
Al centro del provvedimento non c’è un divieto, ma una richiesta di trasparenza. Lo ha ricordato lo stesso ministro Valditara: l’educazione sessuale non viene affatto esclusa, ma riportata dentro un rapporto più chiaro tra scuola e famiglia. L’idea è che i genitori sappiano chi entra in classe e quale visione educativa porta con sé. Non per sostituirsi ai docenti, ma per essere parte responsabile di un percorso che riguarda la crescita dei figli.
La filosofia del governo Meloni su questo terreno è lineare: la famiglia è la prima comunità educante, come riconosciuto dalla Costituzione, e la scuola integra – non sostituisce – questa funzione. In una società che cambia velocemente, e dove i ragazzi vivono ogni giorno rischi legati a pornografia online, distorsioni della sfera affettiva e modelli relazionali instabili, il compito degli adulti non è arretrare, ma collaborare in modo serio e trasparente. Non c’è spazio per zone franche o improvvisazioni.
Il consenso informato, in questo quadro, diventa uno strumento di alleanza educativa. Non un freno, non un lasciapassare, ma un modo per superare contrapposizioni sterili: non “decide la scuola” o “decidono i genitori”, ma si decide insieme. Questo significa responsabilizzare chi propone i progetti, chiarire le finalità, evitare interventi esterni non qualificati o con approcci ideologici che nulla hanno a che fare con una formazione equilibrata.
Molti pedagogisti confermano questa impostazione. Il Forum delle Associazioni Familiari parla da anni di “famiglia come prima comunità educante” e considera il consenso informato un passaggio naturale per garantire coerenza educativa. La scuola – come evidenziato da vari pedagogisti ed esperti del settore - può fare molto, ma non deve scavalcare il ruolo dei genitori, specialmente su temi che riguardano la struttura profonda dell’identità personale.
Non mancano posizioni che sottolineano l’importanza dell’educazione affettiva come prevenzione alla violenza e agli stereotipi di genere. E proprio qui il ddl trova una delle sue ragioni fondanti: se questi percorsi sono così importanti – ed è vero – allora devono essere qualificati, condivisi, sereni, non affidati al caso o a interventi estemporanei. La serietà dell’educazione dipende anche da chi la propone e dal contesto in cui è inserita.
Esistono, naturalmente, critiche. Alcuni temono che il consenso informato possa trasformarsi in un “veto preventivo” e scoraggiare le scuole dall’attivare percorsi su affettività e relazioni. Ma le obiezioni trovano risposta proprio nella struttura del ddl: l’educazione affettiva non è messa in discussione, è regolata. La scuola mantiene la sua autonomia, purché resti all’interno dei confini costituzionali e delle Indicazioni nazionali. E la corresponsabilità scuola-famiglia non è un ostacolo, ma un rafforzamento: l’opposto della censura.
Per un territorio come l’Empolese-Valdelsa, dove molti istituti sono da tempo impegnati su progetti di prevenzione della violenza e promozione del rispetto, questa riforma non rappresenta un freno. Semmai una richiesta di maggiore chiarezza: obiettivi esplicitati nei Piani Triennali di Offerta Formativa, criteri trasparenti per la scelta degli esperti, consigli d’istituto realmente protagonisti, genitori coinvolti non come spettatori, ma come alleati.
Come Fratelli d’Italia Empoli consideriamo questa direzione necessaria e matura. Più scuola, e non meno. Più educazione affettiva, non certo meno. Ma dentro una cornice di trasparenza e corresponsabilità che restituisca fiducia alle famiglie e serenità ai docenti.
La domanda finale rimane quella iniziale, semplice ma decisiva: vogliamo un sistema educativo in cui adulti, scuola e famiglie parlano tra loro e condividono le scelte più delicate, oppure un sistema in cui ciascuno procede per conto proprio sperando che tutto funzioni? Il ddl Valditara sceglie la prima strada. Una strada esigente, ma anche la più rispettosa dei bambini, dei ragazzi e della comunità scolastica tutta.
FdI Empoli
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