
"Perdiamo la retribuzione ad ogni stop della didattica, che sia un'assemblea, un'allerta meteo o un'occupazione". Con queste parole le educatrici dell’Istituto Virgilio di Empoli avevano denunciato qualche settimana fa le loro condizioni di fragilità lavorativa. Alle loro dichiarazioni avevano replicato le cooperative CoeSo e Geos, fornitori del servizio educativo, sostenendo che "l’attuale scarsità di risorse degli enti pubblici si ripercuote anche sulle cooperative sociali, che con meno risorse devono comunque svolgere servizi in modo adeguato" e che "il rischio di impresa è assorbibile quando l’utile e i costi generali sono sopra il 10%, ma nel caso di molti dei servizi gestiti dalla cooperazione sociale questo non si verifica". Ora sul tema interviene anche il Movimento Clara, il movimento composto da ragazzi, studenti e lavorati dell'Empolese-Valdelsa, secondo cui "il rischio d’impresa non può ricadere sulle lavoratrici" che hanno "diritti nettamente peggiori perché esternalizzate", criticando quindi un sistema che scaricherebbe sulle educatrici le conseguenze delle occupazioni e della scarsità di risorse.
La nota integrale
Le occupazioni stanno attraversando progressivamente tutte le scuole di Empoli, mettendo in luce una contraddizione che riguarda ogni giorno le educatrici e gli educatori dei servizi scolastici. Queste figure svolgono un lavoro fondamentale dentro le classi, accanto agli insegnanti, ma con diritti e condizioni lavorative nettamente peggiori perché esternalizzate alle cooperative.
A differenza degli altri insegnanti, con le scuole chiuse per occupazione le educatrici hanno perso ore di lavoro e di salario. Allo stesso modo, non vengono retribuite nemmeno se l’alunno è assente.
Le cooperative COeSO e Geos rispondono parlando di scarsità di risorse e di impossibilità di sostenere il “rischio d’impresa”. Ma questo rischio non può ricadere sulle lavoratrici e sui lavoratori.
Nello stesso tempo, queste stesse cooperative rivendicano una “funzione sociale” e chiedono ai loro dipendenti di farsi carico della crisi del sistema, spesso usando questa retorica per giustificare precarietà, cambi di scuola continui e condizioni che compromettono anche la qualità del servizio offerto agli studenti.
Come si può garantire continuità educativa a ragazzi fragili se le educatrici devono saltare da una scuola all’altra solo per raggiungere un monte ore sufficente a maturare un salario dignitoso?
Dire che "siamo tutti dalla stessa parte" diventa retorica nel momento in cui solo una parte paga il prezzo delle crisi. La verità è che le cooperative e il terzo settore in generale hanno assunto negli anni un ruolo tra Stato e mercato, che, pur ammantato di un'immagine di solidarietà e volontariato, ha di fatto ha consentito tagli alle spese nei servizi e nel settore sociale che si sono riversati interamente sulle condizioni di lavoro. Lavoratori e lavoratrici professioniste che svolgono un ruolo cruciale e delicato di inclusione, ma se chiedono diritti e condizioni di lavoro dignitose ricevono risposte e pressioni moralistiche: "ci sono da fare dei sacrifici". Sacrifici che toccano sempre a lavoratrici e lavoratori, mentre si continuano a spendere soldi pubblici in armamenti.
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